Myanmar: l’antica capitale Mandalay
Le antiche vestigia del paese
Lo Shwenandaw Kyaung, un edificio in legno di tek rivestito sia esternamente che internamente da pannelli scolpiti, purtroppo quelli esterni sono stati usurati dalle intemperie, ma quelli interni sono in ottime condizioni e raffigurano le 10 jataka (episodi della vita passata del Buddha). La Kyauktawgyi Paya dove si trova un’enorme statua del Buddha alta 8 m. e pesa 900 tonnellate, scolpita in un unico blocco di marmo, le statue intorno al santuario raffigurano gli 80 arahat (discepoli illuminanti) del Buddha. Ho costeggiato il Palazzo Reale, edificio simbolo di Mandalay giungendo a piedi alla Mandalay Hill che dall’alto dei suoi 236 m di altezza offre un bel panorama sulla città e sulla pianura circostante. La collina è considerata sacra, è accessibile salendo a piedi nudi per un percorso fatto di gradini, terrazze e templi, la passeggiata non è troppo faticosa e merita farla per ammirare un bel tramonto. Qui ho incontrato dei ragazzi che avevano voglia di esercitare l’inglese, quindi mi hanno fatto le solite domande di rito; nome, età, provenienza, professione, prima volta in Myanmar e sapere il mio pensiero sugli abitanti del paese. Il massimo è stato quando ho incontrato un monaco buddista che mi ha chiesto la mia provenienza, alla mia risposta “Italia” lui ha detto “Totti” incredibile!!
Rientro in stanza, domani andrò ad Amarapura, a circa 30 minuti di viaggio in pick-up. Da qui continuo a piedi attraversando i binari raggiungo il mercato e poi una strada piena di templi, monaci, banchetti di ristoro e souvenir,ed ecco che appare improvvisamente lo spettacolare U Bein’s Bridge, un ponte pedonale lungo più di un chilometro costruito interamente in teak che attraversa le acque del lago Taungthaman. Dopo averlo percorso in entrambi i sensi mi sono recata al mercato ove ho fatto una ricca mangiata di papaya e lungo la strada ho bevuto una buonissima noce di cocco. Mi sono spostata in pick-up strapieno di donne cariche di sacchi, ceste piene di verdure, tra queste c’era una monaca buddista che mi ha pagato il biglietto del trasporto, era molto solare, socievole, ci siamo fatte una foto insieme. Scesa dal pick-up mi sono diretta a Sagaing, situata sulla collina che si affaccia sul fiume Ayeyarwady, è un centro religioso importante che ospita numerosi monasteri e templi. Dopo aver salito moltissimi gradini mi è venuto incontro un monaco che si è offerto di farmi da guida, qui ho visitato il Padamya Zedi e l’Umin Thouzeh che ha 45 statue del Buddha disposto lungo un colonnato a forma di mezzaluna. Dopo aver finito il percorso gli ho fatto un’offerta e ho fatto una passeggiata, imbattendomi in un gruppo di studenti che facevano giochi di gruppo.
Da lì mi sono allontanata a piedi, strada facendo sono entrata nel cortile di un’accademia buddista, li ho incontrato un monaco il quale mi ha detto che era un’insegnante e che gli alunni erano in vacanza, cioè erano tornati a casa. Mi sono trattenuta parecchio con il monaco il quale ha voluto sapere come mi trovavo con la gente del posto, per me tutti molto gentili e sempre pronti ad aiutarmi anche se alcune volte avevamo difficoltà a capirci, poiché non tutti conoscono l’inglese. Dopo vari discorsi ci siamo salutati e ho continuato il mio percorso a piedi fino ad arrivare alla fermata del pick-up che mi avrebbe riportato a Mandalay. Naturalmente sul pick-up si fa sempre amicizia, c’è sempre qualcuno che vuole sapere da dove vieni, la tua professione, ma soprattutto cosa pensi della gente del Myanmar. Arrivata a Mandalay sono andata in stazione per acquistare il biglietto destinazione Myitkyina partenza il giorno seguente alle 16:20, con arrivo previsto dopo 24 ore e da lì sarei rientrata a Mandalay con lo slow boat. La mattina seguente dopo una colazione a base di noodles in brodo, ho fatto un giretto per Mandalay, qualche foto, pranzetto e rilassamento nella guest house. Verso le 15:30 con il mio zaino mi sono recata alla stazione dei treni in attesa della mia partenza per Myitkyina.
Il treno è stato puntualissimo, ero circondata da birmani incuriositi come al solito, la curiosità era reciproca, ad ogni fermata c’erano le venditrici di cibo e naturalmente ho mangiato! Durante la serata tutti i passeggeri hanno tirato fuori, asciugami per coprirsi il volto per non avere la luce del vagone negli occhi, coperte per ripararsi dal freddo della notte, il massimo è stato quando ho visto che si sdraiavano in qualsiasi posto libero, addirittura sotto i sedili e nel corridoio. Io, ho dormicchiato sul mio bel sedile di legno, la mattina seguente ero a pezzi! Alle prime luci del sole le donne hanno messo via tutta l’attrezzatura notturna e si sono sistemate per affrontare la nuova giornata, capelli in ordine e thanakha sul viso. Tante fermate prima di arrivare, ma finalmente dopo 24 ore di treno e con vari acciacchi procurati dal viaggio non tanto comodo, sono arrivata a Myitkyina. In stazione sono stata avvicinata da un poliziotto che ha registrato la mia presenza, perché in questo periodo la città è presidiata, causa problemi politici e religiosi. Ho pernottato alla guest house YMCA, qui si sta bene, personale molto gentile; a Myitkyina ci sono diverse pagode la più notevole la dorata Hsu Taung Pye Zedidaw. In un padiglione di fronte allo stupa vi è un Buddha disteso lungo circa 30 m. realizzato con le offerte ricevute dai buddhisti giapponesi, poi ho visitato la grande An Daw Shin Paya, il cui stupa rivestito in argento pare contenga un dente del Buddha. Domani la navigazione dell’Ayeyarwady, purtroppo non si può andare verso Bhamo, poiché acque in secca, quindi ritorno in treno fino a Naba e bus fino a Katha.
Viaggio in treno sempre strapieno di gente e autobus verso Katha, no strapieno, di più; persone, bagagli ma tutto perfetto secondo i miei programmi. Arrivata a Katha sistemazione nella Ayeyarwady guest house, albergo carino con camere pulite che condividono servizi igienici con doccia rudimentale. Qui la sera c’è un bel mercato ove si possono gustare noodles, carne, pesce, verdure, frutta e dolci, ho scattato qualche foto in notturna lungo il fiume e poi in stanza. La mattina seguente un giro per la città, qui c’è poco turismo, pertanto è tutto “incontaminato”; gente semplice, incuriosita ma soprattutto molto ospitale. Mentre camminavo, dopo una ricchissima colazione a base di riso, frittelle e somoza, sono andata verso un monastero, qui i fedeli si occupano dei pasti dei monaci; gli uomini cucinavano in grandi pentoloni e le donne sbucciavano un’enorme quantità di cipolle, mi hanno invitato a sedermi accanto a loro. Mentre ero lì sono stata avvicinata da un fedele il quale mi ha detto che il monaco superiore voleva incontrarmi, mi sono recata all’interno e Lui era lì con gli altri monaci, mi ha fatto accomodare al suo tavolo, che era apparecchiato con riso, verdure varie, ed insieme abbiamo alzato il tavolo in segno di ringraziamento. Un’emozione molto forte, mi ha offerto del gelato con dei dolci, dopo aver scattato qualche foto ed averlo ringraziato sono andata via, ero al settimo cielo! Sono andata ad acquistare il biglietto per il traghetto, partenza ore 17:00.
Un altro giro per Katha e altre foto, mangiando riso, verdure e semi di girasoli, finalmente all’orizzonte si vede il traghetto, si parte! Prima di salire sono scesi dei passeggeri con vari acquisti, scarico di merce varia e non mancavano i venditori ambulanti. Via, si va verso Mandalay con una navigazione molto lenta. Il traghetto era strapieno, non sapevo dove camminare, in terra tutti avevano messo le loro stuoie, coperte e quant’altro, era molto difficile trovare un posto ove sistemarmi, poiché le donne anziane mi dicevano che era il loro posto, naturalmente, anche se c’era uno spazietto. Su questi traghetti c’è un posto sollevato da terra, riservato ai monaci, pertanto poiché a bordo non erano presenti, un addetto dell’equipaggio ha fatto sistemare me ed altri viaggiatori stranieri in questo posto. Ho steso la mia stuoia e ho preso la mia coperta nuova acquistata al mercato di Katha e ho iniziato a godermi il viaggio. Dall’alto ho osservato tutti i miei compagni di viaggio, che confusione, chi parlava, i bambini piangevano, gridavano, chi tirava fuori la cena, chi osservava il panorama. Dopo aver cenato, i birmani hanno pregato e tutti giù a dormire, anch’io mi sono sdraiata, ma alla prima tappa in piena notte sono saliti altri passeggeri. Verso le 03:00 tutti svegli, chi andava a lavarsi i denti, chi in piena chiacchiera con le venditrici ambulanti che erano salite approfittando di una tappa dello slow boat.
Mi sono sdraiata di nuovo e verso le 06:30 mi sono svegliata e ho fotografato l’alba osservando il risveglio dei vari villaggi attraversati, molto interessante, un paesaggio che va da una fitta vegetazione ad un terreno arido, lavorato con buoi trainanti l’aratro e coltivato. A bordo si possono mangiare pasti caldi ed io ho preso del riso con verdure, ho anche notato che durante la notte era salito un monaco, il quale per non disturbarci, visto che avevamo occupato il suo posto, ha riposato su una panca. Appena fatto giorno il membro dell’equipaggio ci ha chiesto di lasciargli il posto, il monaco si è accomodato ed ha iniziato a pregare insieme a tutti i passeggeri, i quali gli portavano delle offerte, così anch’io gli ho offerto del tè con il latte caldo. Intanto il mio viaggio proseguiva molto lentamente, tra pasti vari, spuntini, foto e chiacchiere, arrivando verso le 18:00 a Mandalay. Ho faticato un po’ per trovare una sistemazione per la notte, ma dopo vari giri in moto taxi ce l’ho fatta, pensando già a domani che partirò per Bagan. Partenza ore 08:30 in autobus, lungo una strada sterrata e attraversando vari villaggi, con arrivo a Bagan alle 14:00, qui si paga una tassa d’entrata di $ 10. Inizia la ricerca di una guest house, tutto pieno, poiché adesso qui è alta stagione, ma finalmente ne trovo una, in zona Nyaung U, mi sistemo ed esco. Vado subito a visitare la Shwezigon Paya, principale sito religioso della cittadina, famoso per il suo legame con i 37 nat, la Paya è molto bella e tutto intorno vi sono bancarelle che vendono tantissimi souvenir; i commercianti conoscono anche qualche parola d’italiano e fanno i simpatici pur di venderti qualcosa.